Plusvalenza da cessione immobile, cosa serve per determinarla

La plusvalenza da cessione di un immobile è la differenza positiva tra l’importo percepito al momento della vendita di un immobile e il prezzo di acquisto o costo di costruzione dello stesso, maggiorato dei costi inerenti. In poche parole, è il tributo che lo Stato esige sul guadagno conseguito dall’alienazione dell’immobile in questione.

Ma quando si deve pagare la plusvalenza dell’immobile? Come si calcola? Per rispondere a queste ed altre domande analizziamo:

  • Definizione di plusvalenza immobiliare
  • Come, quando e quanto si paga questa imposta
  • Come determinare la plusvalenza: la pronuncia della Cassazione
  • Quali sono i costi inerenti da detrarre

Definizione di plusvalenza immobiliare

Per plusvalenza si intende il guadagno che il venditore ha realizzato al momento dell’alienazione del bene, ovviamente immobile. Il proprietario ha quindi venduto il suo diritto reale ad un prezzo maggiore rispetto a quello pagato al momento dell’acquisto.

Il tributo è dovuto solo se l’immobile viene rivenduto entro i 5 anni successivi all’acquisto.

Infatti, se la plusvalenza immobiliare deriva dalla vendita a titolo oneroso di un immobile acquistato o costruito in un periodo non superiore a 5 anni, è considerata uno dei redditi appartenenti alla categoria “altri redditi” ed è assoggettata a tassazione ordinaria alle normali aliquote dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF).

A questa indicazione di massima fanno eccezione:

  • beni ricevuti per eredità;
  • bene ricevuto in dono se, nei confronti della persona che ha donato il bene, sono trascorsi 5 anni dall’acquisto o dalla costruzione;
  • unità immobiliari urbane che durante la maggior parte del periodo compreso tra acquisto (o costruzione) e trasferimento, sono state utilizzate come residenza principale del cedente o della sua famiglia.

In alternativa alla tassazione ordinaria il venditore ha il diritto di richiedere, al momento della cessione, mediante dichiarazione al notaio, l’applicazione di un’imposta sostitutiva sulla plusvalenza immobiliare ricavata dal reddito, come vedremo meglio nel paragrafo specifico.

Come, quando e quanto si paga questa imposta

Per calcolare l’ammontare dell’imposta è necessario applicare un’imposta sostitutiva del 20% sul differenziale tra il valore incassato e il valore di acquisizione. Quest’ultimo non corrisponde solo al prezzo di acquisto ma alla somma di tutte le eventuali spese sostenute dal proprietario, come ad esempio gli oneri di una ristrutturazione. Anche le migliorie, qualora siano state registrate regolarmente, possono contribuire alla determinazione di un nuovo costo di acquisizione.

Il pagamento può essere effettuato tramite due modalità differenti:

  • utilizzando la tassazione ordinaria. Dopo aver calcolato l’esatto importo della plusvalenza questa voce può essere aggiunta nella sezione “altri redditi” all’interno della propria dichiarazione dei redditi. Si pagherà così la relativa aliquota IRPEF;
  • utilizzando l’imposta sostitutiva del 20% in fase di rogito. Il notaio viene quindi incaricato di pagare il tributo quando l’atto verrà registrato in via telematica. Sempre al notaio, in questo caso, spetta il calcolo dell’importo corretto e la relativa comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima, per facilitare l’adempimento del procedimento, ha predisposto un modello ad hoc, relativo però ad un solo immobile e ad un solo cedente. Qualora all’interno del rogito vengano trasferiti più immobile o intervengano più venditori, devono essere compilati più modelli. Entro 30 giorni dalla stipulazione dell’atto, quindi, il notaio deve provvedere al versamento del tributo e alla preventiva comunicazione all’Agenzia delle Entrate, congiunta all’atto notarile stesso, ovviamente il tutto in via telematica.

Come determinare la plusvalenza: la pronuncia della Cassazione

La seconda sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 22849 del 2019 ha fatto chiarezza sulla determinazione della plusvalenza da cessione di un immobile. L’orientamento giuridico si è espresso determinando che per ottenere l’importo della plusvalenza non è sufficiente considerare il valore indicato ai fini dell’imposta di registro, catastale o ipotecaria. A questa devono essere addizionati quelli che definisce “ulteriori elementi gravi, precisi e concordanti “. L’onere della prova viene ribaltata sul contribuente che deve fornire eventuali argomenti a suo suffragio.

Il contenzioso dal quale è scaturita questa sentenza vede come soggetto principale una società che ha ricevuto avvisi di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate in merito alla mancata dichiarazione di una plusvalenza generata dalla cessione di un ramo dell’azienda.

Il legislatore ha precisato che per le cessioni di aziende o di immobili, e i relativi trasferimenti dei diritti reali sugli stessi, non è possibile presumere un maggior corrispettivo esclusivamente sulla base del valore dell’imposta di registro, dell’imposta ipotecaria e catastale. Ha così bypassato l’orientamento precedente che prevedeva l’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale mediante una procedura induttiva, utilizzando come unico rilevamento il valore attuato per l’applicazione dell’imposta di registro.

La cassazione ha dunque dato conferma di questo orientamento specificando che l’interpretazione autentica dell’articolo 5, comma 3, del D.Lgs n 147 del 2015, con efficacia retroattiva, esclude categoricamente che il fisco possa determinare in via induttiva le plusvalenze realizzate da cessione di immobili o di aziende utilizzando come unico parametro il valore dichiarato, definito o accertato ai fini dell’imposta di registro, catastale o ipotecaria. L’Ufficio quindi deve segnalare ulteriori indizi precisi, concordanti e gravi che forniscono un supporto all’accertamento del corrispettivo maggiore rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova di esclusione di colpa.

Quali sono i costi inerenti da detrarre

Al comma 1 dell’articolo 68 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi vengono definiti i costi inerenti, ossia tutte le spese sostenute dal proprietario che possono essere detratte dalla plusvalenza.

  • la quietanza del pagamento dell’imposta di registro
  • la ricevuta del l’IVA
  • la ricevuta dei pagamenti relativi alle imposte ipotecarie e catastali
  • la ricevuta del pagamento del notaio
  • la ricevuta dell’intermediario immobiliare
  • la ricevuta emessa dai professionisti ( geometri o altri tecnici per eventuali perizie)
  • la ricevuta emessa dai professionisti per manutenzione straordinaria ( infissi, messa a norma degli impianti ecc.)

Immagine: Vendere la seconda casa