Investire nei parchi commerciali: qual è il trend in Italia?

Da due anni a questa parte il mondo è molto cambiato. Certo i preesistenti segnali di crisi mai avrebbero potuto indicare la piega presa dal setto commerciale in seguito al diffondersi della pandemia di Covid 19. Anche il mercato immobiliare ne è stato ovviamente colpito e così oggi, in Italia, conviene ancora investire in un centro commerciale o in un parco commerciale? Qui di seguito cercheremo d’illustrarvi al meglio la situazione presente e i suoi possibili sviluppi anche se è sempre bene precisare che ci troviamo di fronte a uno scenario decisamente mutevole che cambia di mese in mese, in seguito al prolungarsi dello stato di emergenza, ma continuate a leggere qui di seguito.

L’evoluzione degli spazi

Sicuramente è stato uno tra i primi settori a venire colpito da quelle che sono le restrizioni applicate per cercare di frenare il numero dei contagi e l’avanzamento della pandemia ma, a dirla tutta, questo è stato anche una delle prime realtà dove si sono implementati dei nuovi modelli per riuscire a garantire il distanziamento sociale e la conseguente sicurezza. Stiamo ovviamente parlando dei centri commerciali dei loro ultimi 18 mesi, arco di tempo che li ha visti protagonisti di una sfida a dir poco continua. Ma come sono cambiati e come si evolveranno questi particolari spazi immobiliari nel recente futuro? Quali ripercussioni subiranno a lungo termine a causa della crisi sanitaria? Può ancora essere buono l’ investimento commerciale?

L’impatto della pandemia di COVID 19 sulla realtà del parco commerciale è sotto gli occhi di tutti e i numeri lo confermano. Bisogna precisare che si parla di ben 1.254 poli commerciali e quando utilizziamo il termine “polo” intendiamo l’insieme di centri commerciali, parchi di tipo commerciale, leisure center e outlet center, attività commerciali che sono presenti all’interno del territorio nazionale. Snocciolando i numeri vediamo che occupano un totale di 19,6 milioni di metri quadri di superficie. Non a caso, prima dello scoppio della pandemia, risalendo all’anno 2019 il retail si era assestato al terzo posto della speciale graduatoria riguardante la tipologia di beni immobiliari in grado di attirare il maggiore numero di investimenti.

L’impatto pandemico

In quale modo la pandemia è andata a influenzare la realtà del parco commerciale? Ci sembra giusto precisare che un po’ tutte le categorie merceologiche, salvo pochissime eccezioni, hanno fatto registrare flessioni delle vendite: il comparto della ristorazione è stato quello che ha fatto segnare il punto più basso di tutti, arrivando al – 45,8%, seguito dalle vendite di abbigliamento e calzature, qui si è perso il 34,5%. Non sono riuscite a fare meglio le attività di servizio, segno – pari a 33,9%, i servizi sanitari e di cura alla persona che hanno visto un crollo del 30,9%. La cultura e il tempo libero hanno subito perdite del 29,1%, i beni per la casa e l’elettronica di consumo sono rimaneste a -15,9% e -13,5%.

Ci sembra davvero inutile dire che tutte queste percentuali negative hanno inevitabilmente finito con l’andarsi a riflettere, purtroppo, su dati importanti di queste realtà come il fatturato annuale e il numero d’ingressi totali. Stando poi ad una recente analisi effettuata da quello che è il CNCC, cioè per l’appunto il Consiglio Nazionale Centri Commerciali, realizzata insieme ad altre realtà collegate direttamente o indirettamente a questo settore (come ad esempio i supermercati Conad e Coop e le associazioni di settore di Confesercenti, Confcommercio, Confimprese e Federdistribuzione) le perdite del momento continuano ad aggirarsi intorno ai 400 milioni a settimana, mentre la diminuzione delle presenze risulta essere dimezzata rispetto a quelle dell’anno precedente a confronto.

La corsa ai ripari

Si cerca così di correre ai ripari, di migliorare la situazione apportando diverse modifiche. Infatti un recente studio proposto da World Capital si è preoccupato d’indagare anche su come stanno effettivamente cambiando, in questo particolare momento, quelli che sono gli incubatori del commercio. A cominciare dal 2000, per arrivare al 2018, soprattutto per quel che riguarda la realtà americana si è potuto assistere a un importante declino dei grandi magazzini. Si è infatti visto che già nel 2018, quasi un quarto dei centri commerciali, per la precisione il 24% presente sul territorio americano aveva almeno un posto libero per i grandi magazzini. Questo spazio vuoto aveva una misura pari a circa 2.500 metri quadri.

Ecco quindi che il nostro concetto di parco commerciale in se doveva cambiare, era già destinato a cambiare per poter andare avanti. Così nel corso di questi ultimi anni sono stati apportati diversi cambiamenti che sono poi stati accelerati dalla pandemia di Covid 19, ma una svolta ancora più radicale potrebbe essere alle porte. Infatti rispetto alle attuali realtà odierne del settore i parchi commerciali del futuro andranno a includere non solo più bene e servizi ma un numero sempre maggiore di attività d’intrattenimento. In questo modo lo spazio destinato al commercio vedrà cambiare il proprio paradigma: da luogo esclusivamente o principalmente dedicato all’acquisto a vero e proprio incubatore di tipo multifunzionale.

La lotta al gigantismo

Se vogliamo concentrare l’attenzione della nostra analisi su quello che è invece un dato più strettamente immobiliare possiamo vedere che gli effetti più evidenti di questi cambiamenti attualmente in corso potrebbero andare a influenzare l’aspetto delle metrature, per quella che possiamo definire come una specie di guerra del gigantismo. Se ci fermiamo a considerare quella che è l’attuale saturazione dell’offerta in relazione all’effettiva domanda esistente nel nostro paese, i centri commerciali sono così costretti a tentare di rinnovarsi per poter crescere in maniera costantemente se non vogliono essere cancellati dalla mappa delle attività esistenti. Tutto ciò finisce con il portare una forte contrazione di quelle che sono l’offerta e gli attuali ricavi che vanno a confluire solamente in poche polarità commerciali.

Il futuro del parco commerciale come investimento

Azzardando una previsione per il futuro, diventa ipotizzabile l’adeguamento degli incubatori commerciali, per reagire alle problematiche derivanti dalla domanda dell’e-commerce e dalla forte saturazione del mercato. A questo punto si deve puntare su altri fattori, gli spazi dovranno essere flessibili e polifunzionali, dove non ci sarà solo lo shopping, ma tutto l’arco vitale come il lavoro, la cura della persona e il divertimento. Non dovranno mancare le componenti digitali associate servizi di delivery e click and collect, tutto all’insegna del basso impatto viste anche le nuove normative UE. Una proiezione porta a scenari di ripresa dove i segnali confortanti arrivano nel medio-lungo periodo. Il nuovo centro commerciale potrà quindi tornare a essere un buon investimento.