Impresa e Covid-19: quali prospettive per il 2021?
Prima dell’emergenza Covid numerosi report, tra cui il Rapporto Cerved 2019, avevano evidenziato che le imprese del nostro Paese mostravano che la ripresa economica era andata ad esaurirsi nella seconda parte del 2018 ma allo stesso tempo specificavano che era andato consolidandosi sempre di più il potenziamento finanziario ed economico. I segnali di stagnazione erano palesi alle fine del 2019 anche se all’inizio del 2020 il commercio estero e la produzione industriale presentavano segnali positivi. La crisi provocata dal Covid-19, iniziata a fine febbraio, ha trovato il sistema impresa comunque solido anche se con una crescita relativa. Gli scambi internazionali sono poi diminuiti a causa della pandemia e i provvedimenti adottati per contenerla hanno segnato l’economia del nostro Paese. Occupazione e investimenti ne hanno risentito e oggi è possibile preventivare che le imprese perderanno da 348 a 475 miliardi, a cui si sommeranno altri 160-190 miliardi che andranno persi nel prossimo anno. Fare una previsione oggi non è semplice poiché viene a mancare la regolarità dei fenomeni che rappresentano la base per fare previsioni mirate. Ci si deve quindi basare su ipotesi inerenti alla diminuzione della produzione e all’eventuale ripresa negli ultimi periodi dell’anno.
I possibile scenari nel 2021
Cerved, una della maggiori agenzie di rating europee, ha disegnato due diversi scenari con cui dovranno misurarsi le imprese nel 2021. L’analisi, basata su modelli statistici di previsione, considera due diversi casi:
- un contesto più positivo dove le azioni di contenimento del contagio consentono di non mettere in atto un nuovo lockdown e questo permetterà all’economia di avere un recupero maggiore;
- un contesto più severo dove vengono effettuate nuove chiusure che comportano una recessione più grave e di conseguenza una ripresa più lenta.
A seconda delle eventualità le imprese non reagiranno tutte allo stesso modo. Infatti ci saranno settori lavorativi che avranno performance migliori ed altri che subiranno un impatto più marcato. Ad oggi la situazione post-lockdown ha mostrato che settori diversi hanno reagito diversamente alla pandemia, infatti l’industria farmaceutica, le assicurazioni e i servizi informatici, al riavvio delle attività avevano il 50% delle aziende nelle stesse condizioni di prima della crisi. Sul versante opposto c’è invece il settore della ristorazione dove il 69,8% delle imprese hanno ripreso l’attività in modo ridotto mentre il 23,6% era a rischio chiusura. Questa differenza tra i settori si rivelerà fondamentale per le imprese anche nel 2021 e chi avrà effettuato investimenti nel digitale avrà una ripresa più veloce.
Calo del fatturato ma non per tutti
Se si compie una analisi dei vari settori immaginando uno scenario in cui non si sono verificati altri lockdown, il fatturato del 2021 subirà un calo del 7,6% per quanto riguarda i trasporti e del 6% per i servizi non finanziari, mentre un balzo in territorio positivo lo farà il settore chimico-farmaceutico che potrebbe registrare un +6,1%. Performance dello stesso livello potranno avere anche i settori dell’informatica e dell’elettronica. Nel caso in cui, invece, si verificassero altre chiusure territoriali, il crollo del fatturato in generale potrebbe arrivare a -4,3% mentre il settore farmaceutico salirebbe al +7%. Complessivamente le aziende che hanno subito un 2020 caratterizzato da un gravoso impatto economico, potrebbero avere un recupero nel 2021 ma solo se non ci saranno altre chiusure territoriali. Differentemente, nello scenario meno positivo, cioè nel caso di altri lockdown, potrebbe determinarsi una grave recessione, con perdita di produzione, a cui farebbe seguito una ripresa faticosa e lenta. Essendo il Covid-19 foriero di una crisi che non ha precedenti, qualsiasi previsione non può che essere incerta. Inoltre bisogna tenere conto degli strumenti che il governo metterà in campo nel prossimo futuro per il rilancio del sistema Paese, dopo quelli straordinari utilizzati nel periodo pandemico.
Impatto sui diversi settori
Appare chiaro quindi che a seconda del settore si avranno differenti effetti economici con conseguenti ricadute sull’occupazione. Nel 2021 le imprese edili potrebbero dover ridurre i loro dipendenti del 10,7% rispetto al 2019 e questo porterebbe ad una perdita di 94.000 posti di lavoro. In un contesto peggiorativo i posti in meno potrebbero arrivare a essere 128.000. Altri posti potrebbero essere persi nell’industria con differenze tra i due scenari che vanno dal 9,4% al 12,4% mentre la moda, da sola, potrebbe perdere ben il 13,5% dei posti nello scenario soft e il 18,5% in quello più severo. Sempre secondo i due scenari, la siderurgia potrebbe perdere il 12,3% o il 17,3% dei posti; il sistema casa l’11,5% o il 16% e i trasporti l’11,1% o il 13,4%. Negli alberghi, nelle agenzie di viaggio e nella ristorazione l’occupazione potrebbe diminuire fino al 40% rispetto al 2019: si tratta dei settori più colpiti. Se alcuni comparti perderanno posti di lavoro, altri vedranno un aumento di questi. Si prevede infatti un incremento del fatturato (e quindi dei posti di lavoro) nella distribuzione alimentare e nel commercio online: in quest’ultimo potrebbe esserci una maggiorazione del 5,2% nello scenario base e del 6,4% in quello più severo. Inoltre è possibile ipotizzare un aumento di occupati nelle specialità farmaceutiche. Il Rapporto Cerved PMI 2020, presentato il 3 novembre, ha stimato che nel 2021 le imprese potrebbero perdere 1,4 milioni di posti di lavoro e avere una diminuzione del capitale di 46 milioni di euro. Nel caso di nuove chiusure i disoccupati aumenterebbero a 1,9 milioni e il capitale calerebbe di 68 miliardi. Cassa integrazione, sostegno alla liquidità e blocco dei licenziamenti sono misure che finiranno e in quel momento sarà necessario avere altre tipologie di sostegno come la Next Generation EU (Fondo per la Ripresa dell’Unione Europea) che aiuti il rilancio delle imprese, favorisca la crescita e porti a nuove assunzioni.