La valorizzazione del know how aziendale attraverso la sua tutela
Come è cambiata la normativa sulla protezione del know how; nuovi strumenti a difesa delle aziende
Il know how aziendale fa parte dei termini di origine inglese più utilizzati in ambito commerciale. In questi ultimi anni è stato soprattutto il concetto di know how tecnologico a diffondersi tra le aziende italiane. La congiuntura economica che ha colpito l’Europa ha indotto molte realtà ad investire nel tentativo di evolversi per rimanere al passo con i tempi. Per poter operare con successo nella cosiddetta “era digitale” è ormai necessario, pertanto, disporre di competenze “alternative”. Tutelare le proprie idee è il primo passo per mantenere inalterata la posizione faticosamente raggiunta nel mercato, e per crescere in termini di popolarità e fatturato. Nei prossimi paragrafi forniremo alcune informazioni relative alla protezione know how aziendale e alle forme di tutela previste.
Ma qual è il significato di know how? È possibile definire il know how aziendale come un bagaglio di: competenze, conoscenze e abilità indispensabili per riuscire a compiere determinate attività lavorative, siano esse manuali che di natura intellettuale.
Quali sono le informazioni che, di diritto, rientrano nella nozione di know how appena indicata? Nello specifico, si tratta di:
- Informazioni su prodotti o procedimenti impiegati nella produzione
- Modulistica
- Procedure aziendali
- Lista dei clienti e dei fornitori
- Analisi di mercato (o demoscopiche)
- Strategie di marketing
- Strumenti pubblicitari e promozionali
- Modalità utilizzate per determinare prezzi e sconti
Valutazione know how aziendale: quali informazioni ne fanno parte
Non tutte le informazioni rientrano nel know how, ma solo quelle che si dimostrano in grado di rispondere a determinati requisiti:
- Del valore economico
- Delle misure di sicurezza
Per quanto riguarda il primo punto, le informazioni devono poter garantire all’impresa una posizione privilegiata nel settore di riferimento. Il secondo punto, invece, prevede la predisposizione, da parte dell’imprenditore, di opportune misure di sicurezza idonee ad assicurare la riservatezza delle informazioni fondamentali per lo svolgimento dell’attività. In questo campo non è possibile stabilire misure adeguate in senso assoluto; occorre valutare, in base alla realtà di riferimento, il valore economico assegnato alle informazioni, le risorse a disposizione e l’evoluzione tecnica raggiunta dalla stessa. Ad ogni modo, è possibile distinguere due tipologie di misure, tecniche (dalla marcatura dei documenti alla dotazione di appositi sistemi informatici) e giuridiche (incluse clausole di riservatezza, circolari interne e protocolli).
In pratica, una misura appare adeguata quando risponde ai parametri della “normale diligenza” e dello “stato dell’arte”.
Attuali strumenti nell’ambito del know how aziendale tutela
Grazie all’approvazione definitiva del Decreto Legislativo che ha attuato la delega inclusa nell’art. 15 Legge 163/2017 (meglio conosciuta come Legge di delegazione europea 2016/2017), le aziende dispongono ora di maggiori strumenti a tutela del know how. La Legge di delegazione, a sua volta, aveva stabilito principi e criteri direttivi per attuare quanto previsto dalla Direttiva UE 2016/946 di Parlamento e Consiglio Europeo, datata 8 giugno 2016. Oggetto di quest’ultima è la protezione del know how riservato e dei segreti commerciali da forme illecite di acquisizione, utilizzo o divulgazione.
Con il nuovo provvedimento la protezione viene estesa a tutela del patrimonio immateriale, conducendo alla nascita di una nuova nozione, quella di “segreti commerciali”, che sostituisce la precedente “informazioni aziendali riservate”.
Per quello che concerne le misure di protezione, le modifiche agiscono prettamente in ambito penale. Il riferimento è l’art. 388 del Codice Penale, che tratta il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento giudiziale. Ora, sono entrate a far parte dei provvedimenti anche quelle misure inibitorie o correttive volte a tutelare i diritti di proprietà industriale. La normativa attuale si caratterizza anche per l’opera di riscrittura dell’art. 623, finendo per far rientrare nel penale le azioni di rivelazione o di impiego di segreti commerciali e scientifici, purché svolte a fin di lucro.
Il ruolo primario del giudice nella tutela del know how
Indipendentemente dalla sua qualifica (può trattarsi di un giudice ordinario, amministrativo, contabile, civile e penale) il giudice ha il potere di vietare, a chiunque sia chiamato ad intervenire nel corso di un processo, l’utilizzo di qualsiasi segreto commerciale emerso durante il processo stesso. Allo stesso tempo, vieta la divulgazione dei segreti commerciali. Sempre il nuovo decreto stabilisce la possibilità, per il giudice, di “graduare” misure correttive e sanzioni civili aventi per oggetto gli abusi sui segreti industriali tenendo in considerazione una serie di parametri (ad esempio il valore dei segreti, l’impatto di un loro eventuale utilizzo illecito e l’interesse pubblico generale). Le misure cautelari non sono le uniche sanzioni applicabili; il giudice, in alternativa, può richiedere il pagamento di una cauzione. Tale scelta consente a chi ha adottato un comportamento illecito di continuare ad utilizzare il segreto commerciale violato, ma senza avere la possibilità di divulgarlo.
Altre puntualizzazioni sulle conseguenze penali
L’ampliamento delle tutele ha portato a punire, oltre alle condotte “dolose”, anche le condotte “colpose”. Questo significa far rientrare nei comportamenti illeciti in materia di know-how l’utilizzo (o la rivelazione) di segreti commerciali da parte di chi già era a conoscenza (o avrebbe dovuto esserlo) del precedente utilizzo da parte di altre persone degli stessi segreti. Illecita è anche la produzione o la commercializzazione di merci ottenute sfruttando segreti commerciali ottenuti in modo contrario alla legge. Nonostante le modifiche apportate, è importante ricordare come sia rimasto invariato l’oggetto della tutela. Sia il know-how aziendale che i segreti commerciali sono ancora intesi come l’insieme di informazioni aziendali ed esperienze “tecnico-industriali”, di cui fanno parte anche le informazioni commerciali.
Le condanne in sede penale prevedono la reclusione fino a 2 anni. Un periodo maggiore di detenzione spetta a chi ha commesso un fatto illecito facendo ricorso a strumenti informatici.