Partita IVA: quando il regime ordinario conviene rispetto al forfettario?
In passato le cose erano un po’ più complicate, infatti erano cinque i regimi fiscali che si potevano scegliere. La buona notizia è che ora tutto è stato reso più semplice e agile. Resta però il dubbio: quando conviene scegliere la partita IVA regime forfettario e quando è invece meglio adottare il regime ordinario partita IVA? Per poter effettuare al meglio questa scelta si devono conoscere le differenze esistenti tra questi due profili per poter così riuscire ad avere un vero vantaggio fiscale. Quando si sta per aprire una partita IVA e si è in procinto di aderire a uno di questi due regimi, si deve prendere in considerazione quale profilo sia effettivamente più adatto alle proprie esigenze.
I pro e i contro del lavorare con partita Iva
Quali sono quindi gli effettivi pro e contro partita IVA? Cominciamo a parlare dei che devono essere principalmente ricercati nella tassazione, più leggera e nella riduzione dei doveri burocratici, come ad esempio: l’applicazione dell’IVA stessa; l’adesione agli Isa, conosciuti un tempo come studi di settore; l’obbligo di fatturare elettronicamente; avere sugli emolumenti corrisposti una ritenuta alla fonte; la tenuta delle scritture contabili e delle registrazioni e l’assoggettamento della ritenuta d’acconto che deve essere da parte dei sostituti d’imposta. Se individuarne i vantaggi è un’azione semplice e lineare, capire quali sono i contro non è infatti così semplice perché gli svantaggi sono disseminati un po’ qua e un po’ là, come andremo a vedere qui di seguito.
Chi possiede una partita Iva forfettaria non può esercitare la professionale in modo prevalente sul datore o sui datori di lavoro con cui ha rapporti lavorativi ancora in corso, o sviluppati nei due anni precedenti. Chi adotta un regime forfettario non può avere il controllo di una società a responsabilità limitata o di associazioni a livello di partecipazione. Esiste un altro vincolo che penalizza il regime forfettario rispetto al regime ordinario partita IVA, cioè il divieto di partecipazione all’esercizio dell’attività. Nel corso di quest’anno è entrato in vigore anche il limite di reddito da lavoro di tipo dipendente, che non può superare i 30000 euro, insieme alla soglia dei compensi ai collaboratori, fissata a 20000 euro.
Cause di esclusione
Non è mai tutto oro quello che luccica, infatti anche in questo caso esistono delle cause di esclusione. Visto che, per quanto riguarda i termini di tassazione, il regime forfettario prevede dei vantaggi rispetto al regime ordinario partita IVA, sono stati creati dei motivi ostativi che, se verificati, comportano l’esclusione nell’anno seguenti: Questi sono i motivi ostativi che impediscono il rientro nel regime forfettario: il ricorso a regimi di tipo speciale riguardanti l’IVA l’esercitazione di operazioni riguardanti la cessione di nuovi mezzi di trasporto, terreni considerati edificabili e cessioni di fabbricati; aver percepito una somma superiore a 30000 euro come lavoro dipendente (qui bisogna però considerare se il rapporto lavorativo sia ancora in corso o già cessato).
Si possono così avere diversi vantaggi, per quel che riguarda i settori della contabilità e della fiscalità. Però prima di scegliere l’aderenza a uno dei due regimi si deve prendere in considerazione come sia di fatto determinato il reddito cosiddetto imponibile per riuscire a comprendere al meglio se si possano avere convenienze reali e pratiche. Se il reddito imponibile è determinato dall’applicazione della somma dei ricavi il coefficiente di redditività corrisponde all’attività svolta cambia. Ogni genere di attività ha un suo coefficiente specifico che si attesta dal 40% all’86%. Contrariamente al regime ordinario, nel forfettario, il reddito imponibile ha una imposta del 15% ma se si apre una nuova attività, l’imposta per i primi 5 anni è fissata al 5% per i primi 5 anni.
Vincoli e vantaggi del regime fiscale ordinario
Il regime fiscale ordinario partita Iva presenta di suo dei vincoli e dei vantaggi. Può essere infatti applicato a società di capitali e risultare di tipo facoltativo per quanto riguarda le ditte di tipo individuale che durante l’anno lavorativo precedente, in termini di ricavi, non hanno superato la soglia delle seguenti cifre: 400.000 euro per quanto riguarda le prestazione di servizi; 700.000 euro per tutti gli altri generi di attività ammesse. Se queste cifre sono state superate durante l’anno precedente, diventa obbligatorio il regime ordinario con una tassazione obbligatoria legata alle aliquote Irpef regolata da scaglioni compresi tra la soglia del 23% e quella del 43%. Si dovrà inoltre provvedere all’obbligo della fatturazione elettronica.
Esistono inoltre altri adempimenti, come: la conservazione dei libri e dei registri, la compilazione del modello Isa (che ha sostituito gli studi di settore), il versamento trimestrale o mensile dell’Iva e la dichiarazione dell’IVA da effettuarsi all’Agenzia delle Entrate. Il regime ordinario partita IVA è il meno oneroso in termini di adempimenti e vi rientrano le seguenti categorie professionali: lavoratori autonomi, professionisti, società di persone e gli esercenti di attività commerciali non in modo prevalente. Qui il reddito non deve superare i 400.000 euro per le imprese di servizi e non deve superare la soglia dei 700.000 euro per attività riguardanti le cessione dei beni. Gli obblighi relativi sono: la registrazione cronologica degli incassi e dei pagamenti, la tenuta dei registri IVA.
Le principali differenze
Una delle principali differenze è che per quanto riguarda il reddito nella contabilità di tipo ordinario, questo viene determinato seguendo il regime di competenza. Invece nella contabilità di tipo semplificato il reddito è regolato dal principio di cassa. In pratica aderendo al primo i ricavi e i costi si basano sulla data della maturazione mentre nel secondo ci si basa sulla durata dell’incasso e del pagamento. Risulta più complessa la contabilità del regime fiscale ordinario perché prevede non solo la gestione di tutti i costi e dei ricavi ma anche delle sue attività e delle sue passività. Infatti questa scelta è maggiormente conveniente quando sia il fatturato che i costi d’impresa sono elevati.
Il regime ordinario partita Iva conviene?
La valutazione del regime fiscale da adottare deve essere effettuata considerando il carico contributivo e fiscale che viene applicato specificatamente sui due regimi. Si deve inoltre prendere in considerazione l’assoggettamento a imposta sostitutiva insieme a tutti gli altri fattori che vi abbiamo precedentemente illustrato in questo articolo. Infatti sono diversi gli elementi valutabili per poter effettuare al meglio questo scelta. Risulta quindi molto importante prenderli in considerazione uno a uno. Se nel regime di tipo si possono detrarre solo i contributi previdenziali, in quello ordinario le deduzioni finiscono sì con il diminuire l’imponibile ma nel caso in cui disponga di altri redditi il forfettario risulta più vantaggioso perché permette di evitare la progressione dell’aliquota.