Innovazioni per il pomodoro da industria

La produzione industriale e intensiva di pomodoro è fortemente presente in Italia, facendo di questo prodotto uno dei più venduti di tutto il Paese.
Le province che maggiormente spiccano per la sua coltivazione sono quelle di Piacenza e Parma, per merito di una tradizione secolare tramandata di generazione in generazione, che attualmente cerca di modernizzarsi per rendere il settore ancora più competitivo sul mercato mondiale.
Ciò che nel tempo ha reso questi territori i più importanti produttori italiani di pomodori da industria è stato un mix tra ricerca nell’ambito della coltivazione e tecnologia per quanto riguarda la creazione di conserve e il relativo confezionamento, arrivando a un livello di accuratezza notevole.
La vera forza delle province di Parma e Piacenza è però sempre stata la loro capacità di adattarsi al mercato e dare una svolta innovativa ai rapporti tra le varie parti coinvolte, creando delle relazioni interessanti e produttive.
Lo scopo di questo articolo è illustrare le modalità messe in atto in questo piccolo paradiso industriale, che potrebbe fare da apripista per altre realtà con altrettanto potenziale.

Cenni storici sulla nascita dell’industria del pomodoro in Italia

La nascita dell’industria legata alla coltivazione del pomodoro sorge a Piacenza nel 1906, quando venne creata la prima impresa di trasformazione di tale materia prima.
Dopo qualche anno notiamo una proliferazione di attività di questo genere che diventano 10 e assumono delle caratteristiche decisamente moderne per l’epoca.
Questo è dovuto a una doppia motivazione, che affonda le sue radici in una regione che già dalla fine dell’800 era dedita alla divulgazione scientifica e alla ricerca in ambito agricolo, avendo ampie superfici coltivate e un clima favorevole da questo punto di vista.
Non è un caso che proprio Parma e Piacenza sono state le sedi di Cattedre Ambulanti e soprattutto Comizi Agrari, delle vere e proprie comunità associative volte al miglioramento dell’industria agricola, tramite l’acquisto combinato di mezzi e prodotti fertilizzanti.
Si tratta di una gestione piuttosto lungimirante per l’epoca, quando ancora le piccole realtà ragionavano in autonomia e pertanto rimanevano sempre locali e settoriali.
Lo scopo era realizzare un’economia favorevole e circolare, che consentisse a tutte le imprese del settore di salire di livello, creando un blocco unito dove ogni singolo imprenditore potesse lavorare al fianco degli altri per un bene comune.
La collaborazione sorta in modo informale nelle province di Parma e Piacenza è stato una dei fattori determinanti nello sviluppo dell’industria del pomodoro proprio in questo territorio, come una piccola isola felice dalle condizioni ottimali per rendere il settore prospero e compatto.
Nel 1922, poi, a Parma sorge la Stazione Sperimentale delle Conserve Alimentari, un vero e proprio polo avveniristico per il secolo scorso, in grado di elaborare dei metodi estremamente moderni per rendere durevoli le passate e trasformare il pomodoro in un prodotto dal consumo più lungo.
Nel corso degli anni questo ha aperto le porte anche a una logistica mirata all’espansione, con la possibilità di esportare e commerciale i propri prodotti assicurando la loro perfetta conservazione durante il viaggio e nella fase di vendita.
Facendo un balzo storico, ma sempre sulla falsa riga della collaborazione passata, arriviamo al 2007-2008, quando è stata promossa una politica di aiuti e unione tramite la Politica Agricola Comune.
Questa ha coinvolto le parti in causa e le ha convogliate all’interno dell’Organizzazione dei produttori, con lo scopo di unire i vari settori della filiera e fare in modo che si comportassero come una catena di montaggio connessa.
In questo modo il singolo aveva modo di lavorare appoggiandosi sugli altri e l’industria del pomodoro poteva fare passi in avanti e trasformarsi in una delle eccellenze del Paese dal punto di vista produttivo.
Se, quindi, al centro nord la politica di cooperazione e collaborazione è valsa lo sviluppo tecnologico ed economico dell’industria del pomodoro, al sud si è optato per metodi molto più individualisti, che si sono dimostrati fallaci e poco produttivi, portando in alcune aree al ristagno dell’economia o comunque alla sua mancata crescita.

La crescita dell’industria del pomodoro grazie all’affiatamento e alla collaborazione

Negli anni 2000 alcuni provvedimenti non sono stati accolti favorevolmente dai produttori locali di Parma e Piacenza, come ad esempio il disaccoppiamento, legato al reddito degli agricoltori e alla loro produzione.
La forza dell’indistria del territorio è stata proprio quella di non cedere ai personalismi, ma continuare a rimanere uniti e investire nella ricerca e nella tecnologia, puntando a diventare ancora di più un’eccellenza di tutta la Penisola.
Le relazioni che si vanno rafforzando in questo momento sono sia di natura orizzontale sia verticale.
Le prime sono volte a migliorare la produttività prendendo dagli altri settori ciò di cui si ha bisogno, in un rapporto di proficuo interscambio fra le parti.
Le seconde, invece, sono volte ad aumentare la competitività, ma non intesa in maniera negativa e ostativa, ma positiva e volta a una crescita e alla ricerca di spunti dinamici e moderni.
La piramide che comprendeva produttori, coltivatori, imprenditori e associazioni era così ben strutturata in queste province da risultare automatica nel suo funzionamento, gestita da figure cardine per arrivare al comune obiettivo: la crescita dell’industria del pomodoro.
Numerosi sono i gruppi di lavoro di tipo associativo che sono sorti attorno alla tematica, come ad esempio quelli volti alla sostenibilità o alla creazione di macchinari sempre più moderni e produttivi, seguendo una svolta green e futuristica allo stesso tempo.
Immagina questa situazione come un micromondo che si muove in sintonia, dove ogni elemento è connesso al resto e agisce per il bene della collettività, in questo caso la filiera industriale tra le più importanti del Paese.

Quali risultati positivi sono conseguiti alle positive relazioni di filiera

Le relazioni di filiera che abbiamo appena descritto, originatesi il secolo scorso e ancora oggi salde, hanno portato una serie di risultati positivi e molti altri ne porteranno in futuro.
Dal 2001 ad oggi si sono stabilite delle norme più stringenti per quanto concerne la produzione agricola sostenibile, mettendo al bando prodotti tossici o comunque nocivi per il terreno e per la salubrità dell’aria.
L’ottica sostenibile è quella che attualmente si sta cercando di portare avanti con maggiore vigore, cercando di stringere altre relazioni con addetti del settore che possano apportare migliorie in termini di tecnologia pulita.
Tra le questioni dibattute troviamo ad esempio lo spreco dell’acqua e la necessità di preservare questa risorsa non rinnovabile, utilizzando degli espedienti mirati a usarla in maniera consapevole e mirata.
Le varie parti in causa, inoltre, hanno imparato a prendere decisioni univoche rispetto alla politica della PAC, facendosi sentire tramite gli organi competenti e riuscendo a ottenere buona parte delle conquiste che si ritengono giuste.
Una delle migliori iniziative promosse sul territorio è stata quella della raccolta dei dati relativi alla produzione e alla sua vendita nazionale e internazionale, che sono stati resi trasparenti e disponibili a tutti, come una sorta di database comune che offre un sentore ben preciso del mercato e consente a ogni azienda di fare le proprie considerazioni in maniera mirata.

L’approccio bottom-up che deve essere portato avanti dall’industria del pomodoro

Il sistema che abbiamo appena descritto è definito bottom-up, cioè una collaborazione che è volta alla crescita della filiera sul mercato globale, capendo l’importanza di una simile operazione da sostenere tutti insieme.
I vantaggi sono collettivi ma anche individuali, con il singolo fatturato che cresce per ogni azienda e la possibilità di godere così di migliorie e innovazioni tecnologiche condivise.
Non vige la regola della competizione a ogni costo, ma si preferisce raggiungere tutti un livello soddisfacente piuttosto che vedere primeggiare solo uno e lasciare indietro tutti gli altri.
Il futuro probabilmente porterà nuove relazioni all’interno della filiera del pomodoro da industria, legate soprattutto al tema del sostenibile e del minore impatto ambientale possibile.
In tal senso il mondo della robotica e della meccanica più avanzata può entrare in contatto con le associazioni del territorio di Parma e Piacenza, donando loro macchinari in grado di rendere produttivo il lavoro ma allo stesso tempo non tralasciare la sostenibilità.
Al contrario delle aziende top-down, quelle botton-down nascono dal basso e mantengono un approccio egualitario e cooperativo costante.

Il metodo di Parma e Piacenza per quanto concerne l’industria del pomodoro si può replicare?

Se il metodo di Parma e Piacenza è replicabile è ancora oggi una domanda che si pongono in molti, visto il successo di un sistema che affonda le sue radici nell’antico ma che, nel corso degli anni, è stato sempre in grado di innovarsi e volgere lo sguardo verso la modernità e la tecnologia.
I fattori che hanno influito in maniera positiva sul sistema bottom down adottato da questo territorio sono state le interazioni antiche che si sono susseguite da un secolo a questa parte, con interi comparti che sono riusciti a mantenere rapporti stabili e ottime interazioni senza mai giungere a una rottura.
Ancora, la PAC e le OP hanno saputo realizzare un sistema ad alto tasso comunicativo, senza che nessuna delle due realtà prevalga sulle altre e veda soccombere le proprie idee.
Il territorio è stato poi da secoli molto fecondo dal punto di vista della ricerca universitaria e scientifica, con diversi atenei storici, che hanno messo al centro il tema dell’agricoltura e il suo costante miglioramento.
La percezione dell’importanza di tale filiera sul territorio è poi fortemente presente nella provincia, sapendo che parte dell’economia regionale dipende da essa e che pertanto è opportuno cooperare per il suo funzionamento.
Tornando alla domanda iniziale, è quindi molto difficile replicare un sistema che dipende da fattori così specifici e particolari, che si sono perfettamente incastrati fra loro e sono divenuti una realtà solida in un tempo molto lungo, radicandosi nella mentalità della popolazione locale e dei singoli imprenditori.
Serve un notevole sforzo da parte delle altre regioni per proporre un sistema così armonico, soprattutto al sud dove la tradizione è diversa.


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