Perché diminuiscono le partite IVA in Italia?

L’Osservatorio sulle partite IVA del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha registrato delle nuove aperture a +18,2% nel corso del primo trimestre del 2021. Si parla nello specifico di 186.019 unità. Le persone fisiche che l’hanno aperta costituiscono il 72,6% del totale, le società di capitali il 18,9% e le società di persone 3,4%. Infine, il gruppo dei “non residenti” e “altre forme giuridiche” compongono il restante 5,1%. Ma lo stesso studio ha anche sottolineato il fatto che in realtà si tratta di un cosiddetto “effetto rimbalzo” sul 2020 (fonte: https://www.mef.gov.it). In questa sede, si parlerà della situazione più in dettaglio, concentrandosi sulle cause e prospettando i possibili scenari futuri alla luce degli ultimi avvenimenti.

Classificazione di una partita IVA in base ai regimi

Chiunque intenda aprire una partita IVA, deve determinare se attenersi a un regime ordinario o a un regime forfettario.

Nel primo caso, si tratta di un regime fiscale obbligatorio per chiunque abbia un fatturato superiore a 65.000 euro. O per delle per società di grandi dimensioni. In termini generali, si paga un 23% per i redditi fino a 15.000 euro, un 25% per quelli tra i 15.001 e i 28.000 euro, un 35% per quelli tra i 28.001 e i 50.000 euro e un 43% per chi supera i 50.000 euro.

Nel secondo caso, ci si attiene a un regime introdotto con la legge 190/2014 e riformato con la Legge 208/2015. Questo prevede delle importanti semplificazioni ai fini IVA e ai fini contabili. Allo stesso tempo, permette la determinazione forfetaria del reddito, che sarà pertanto assoggettata a una sola imposta al posto diquelle previste. Oltre che la possibilità di accedere a un regime contributivo opzionale per le aziende.

Stando all’Osservatorio sulle partite IVA del Ministero dell’Economia e delle Finanze, 91.786 soggetti che hanno aperto una partita IVA hanno aderito al regime forfettario nel primo trimestre del 2021.

Quali sono le cause della diminuzione partita IVA Italia

La prima ragione che sta dietro alla diminuzione delle partite IVA italiane risiede nella preferenza degli italiani nei confronti del lavoro autonomo, soprattutto in determinati settori. O la decisione di cercare un lavoro di tipo dipendente per godere di una maggiore stabilità economica per mezzo di un contratto di lavoro, se possibile a tempo indeterminato. Le altre cause sono legate all’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Covid-19. Ma quelle maggiormente determinanti sono relative a una complessità di gestione del lavoro autonomo. Oltre a questo, la relativa stabilità finanziaria è minore, a fronte delle tassazioni in aumento. La scelta di aprire una partita IVA è stata pertanto più una misura adottata a livello emergenziale, senza alcuna pianificazione futura una volta che la suddetta emergenza sarà passata.

La diminuzione partita IVA Italia: quali sono gli scenari futuri

Nonostante questi dati non molto incoraggianti, sempre più giovani e meno giovani scelgono di aprire una partita IVA per svolgere un lavoro nel digitale, un settore sempre più in crescita, complice appunto la pandemia da Coronavirus e la conseguente crisi economica. Pertanto c’è la possibilità di un incremento delle unità nel corso dei prossimi anni, se non nei prossimi mesi. Un’alternativa che potrebbe fermare la diminuzione delle partite IVA italiane consiste nella risoluzione di aprire e di gestire dei veri e propri negozi online. Questi sono infatti più facili e meno costosi da gestire rispetto a un negozio o a uno studio. A fronte di una platea di potenziali clienti pressoché infinita. Infine, lo Stato italiano ha predisposto un contributo a fondo perduto dal valore complessivo di 200.000 euro destinato alle imprese e ai titolari di partita IVA.