Lavoratori autonomi: il Covid-19 ha frenato la richiesta di apertura di partite IVA?
La paura di osare in settori considerati non necessari nel periodo pandemico. Se pensavi di aprire un’attività ora ci pensi su.
Secondo l’Osservatorio sulle Partite IVA del Ministero dell’Economia e delle finanze la pandemia di Covid-19 ha frenato l’ apertura di nuove partite IVA. Rispetto al secondo trimestre 2019 si evince infatti una flessione 30,7%. Un’analisi più attenta dei dati fa comunque ben sperare; se il calo sfiorava il 60% nel mese di aprile, a giugno la differenza con l’anno precedente era solo del 4%. da aprile a giugno in Italia sono state aperte 94.932 partite IVA con una suddivisione per natura giuridica dove a farla da padrone sono le persone fisiche , con il 74,8% di nuove aperture. Approfondiamo l’argomento analizzando:
- La natura giuridica delle nuove partite IVA
- La ripartizione territoriale: da nord a sud si cerca di ripartire
- Chi apre cosa: i settori trainanti e quelli fanalino di coda
- Il fisco: il regime forfettario invoglia le aperture?
La natura giuridica delle nuove partite IVA
Come anticipato in precedenza, il 74,8% delle nuove partite IVA è stato eseguito da persone fisiche. Le società di capitali sono invece il 19,2%, quelle di persone scendono invece al 2,7%. Le partite IVA nuove richieste dai non residenti e da altre forme giuridiche ammontano in totale al 3,2% delle aperture. Comparando questi dati con quelli relativi al 2019, si denota una generalizzata diminuzione dell’avvio di attività che addirittura tocca il 42,4% per le richieste operate dalle persone fisiche. Nonostante le chiusure e il lockdown, il mese di aprile sottolinea però un dato particolare e per certi aspetti molto interessante: l’aumento del 2,5% delle aperture di partita IVA disposte da soggetti non residenti. Questo dato può dimostrare che, probabilmente, la delocalizzazione fisica e l’attività telematica possono creare business e quindi ricchezza anche nei periodi più neri.
La ripartizione territoriale: da nord a sud si cerca di ripartire
Facendo un’analisi trasversale dei dati, può risultare interessante anche comprendere la localizzazione, quindi la ripartizione territoriale, delle nuove aperture di partita IVA. Nelle regioni del Nord le richieste ammontano al 40,8% , al Centro ci si aggira intorno al 21,3% mentre al Sud e nelle Isole il totale è di circa il 37,3%. La regione che ha subito un calo maggiore rispetto all’ anno 2019 è senza dubbio la Valle d’Aosta. questa infatti nel secondo trimestre 2020 mostra una flessione del -37,5%. La variazione più contenuta, anche se sempre in negativo, è quella del Molise con un -12,9%, anche se quest’ultima, ha registrato un apprezzabile incremento nel mese di giugno che sfiora il +10%. In generale, si può dire che la fine del terzo trimestre vede una lieve ma significativa risalita delle richieste di partita IVA soprattutto nelle regioni del Sud.
Chi apre cosa: i settori trainanti e quelli fanalino di coda
Anche nell’anno caratterizzato dall’ emergenza sanitaria portata dalla pandemia di Coronavirus, il settore produttivo che vanta un numero maggiore di avviamenti di partite IVA è il commercio. Il 19,2% del totale delle richieste porta infatti sul mercato un ampliamento di questo segmento, con particolare sviluppo del settore alimentare. In merito a questo dato si deve anche tenere presente che stiamo parlando di uno dei pochi esercizi che non ha subito la chiusura forzata Imposta dal governo. Anzi, durante le settimane più dure ha lavorato in maniera continuativa rispondendo ad una domanda decisamente superiore rispetto alla norma. Se da anni si parla di una crisi del piccolo commercio causata dalla nascita dei grandi Store, sia fisici che virtuali, l’impossibilità di girare liberamente ha accresciuto gli introiti dei piccoli negozi locali.
Il 15,6% delle nuove partite IVA è rivolto alle attività professionali mentre il 14,7% delle nuove aperture si riferisce al settore agricolo. Quest’ultimo presenta una lieve inflessione del 4,2% rispetto ai mesi di aprile e maggio 2019 ma un aumento del 40% nel mese di giugno 2020.
I settori più penalizzati dalla pandemia sono quelli che ricomprendono le attività turistiche e di intrattenimento con una diminuzione rispettivamente di – 54,6% e – 55,1%. calano di molto anche le aperture nel settore case da gioco, scommesse e lotterie. Nei mesi di aprile maggio giugno 2020 le aperture sono state in totale 71 a fronte delle 165 del primo trimestre sempre del 2020. La differenza è quindi abissale rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente: ad aprile sono state aperte meno 88,06% a maggio meno 74,6 % e a giugno meno 45,24%.
Il fisco: il regime forfettario invoglia le aperture?
Il regime forfettario per le partite IVA 2020 ha introdotto una serie di limiti e di nuovi requisiti che rendono meno semplice l’utilizzo di questo strumento fiscale. La Flat Tax al 15%, che si riduce al 5% per le Start up, è un agevolazione che viene data ad attività, sia questa un’impresa o gestita da un libero professionista individuale, con un reddito massimo di 65.000 euro e che non deve rientrare in una serie di casistiche ostative. Le chiusure delle attività durante il lockdown e l’incertezza che, in modo del tutto naturale, segue il periodo di emergenza sanitaria hanno portato i nuovi imprenditori a scartare questa tipologia di gettito fiscale. Le entrate sono infatti incerte e c’è anche poca chiarezza sulla destinazione degli incentivi e degli aiuti governativi.
Nel terzo trimestre del 2020 sono solo 40 4357 oggetti che hanno liberamente deciso di aderire a questo tipo di regime fiscale. Per dirla in termini percentuali la flat Tax è stata scelta dal 46,7% delle nuove partite IVA, circa 3% in meno rispetto al terzo trimestre dell’anno precedente. Il dato da evidenziare di queste nuove statistiche è che nel mese di giugno l’adesione maggiore al regime forfettario è avvenuta nel settore agricolo con un incremento del + 86%.