Plastic Tax: come funziona all’estero?
Il provvedimento più discusso della manovra finanziaria 2020 è già attuato in altri Paesi ma in forme diverse.
Da inizio novembre, momento nel quale il disegno di legge di bilancio ha cominciato il normale iter parlamentare, le polemiche sulla famigerata Plastic Tax si sono susseguite in un crescendo di tensioni che hanno visto contrapporsi in modo vistoso il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e Matteo Renzi, leader di Italia Viva. Il capo politico del Movimento 5 Stelle difende a spada tratta la normativa che invece è aspramente criticata dall’ex Presidente del Consiglio e da parte di alcune fazioni della maggioranza di Governo.
Per farci un’idea globale sull’argomento ci siamo chiesti se esistono altri Paesi che prevedono una gabella simile.
- Cos’è la Plastic Tax
- Cosa dice Bruxelles: la proposta della commissione UE
- Plastic Tax all’estero: tasse simili in altri Paesi europei
Cos’è la Plastic Tax
L’imposta è una vera e propria gabella che colpisce i prodotti monouso realizzati in plastica. Tra i più utilizzati ci sono le buste, le vaschette in polietilene e le bottiglie . Nella tassa sono comunque ricompresi, fino al peso di 1 kg, anche i tappi delle bottiglie, gli imballaggi ed i materiali plastici usati per il confezionamento nonché le etichette ed il polistirolo. L’obiettivo principale della norma, secondo quanto dichiarato dal Governo, è quello di creare un economia circolare dedita alla riduzione dei rifiuti e dell’inquinamento, operando così un’ efficace manovra ambientale.
L’articolo 79 del disegno di legge per l’anno 2020 e per il triennio dal 2020 al 2022, consultabile sul sito del Senato, presentato dal Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, specifica proprio che la tassa è pensata per tutelare l’ambiente.
Analizziamo brevemente il punti saliente della normativa disciplinata in 19 commi.
Il comma 7 da una definizione molto generica dei soggetti sui quali graverà l’imposta definendoli “manufatti con singolo impiego che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari“. Questi manufatti devono quindi essere costituiti anche in minima parte da plastica e devono essere monouso quindi non utilizzabili più di una volta nel ciclo della loro vita.
Più precisa è invece la misura dell’aliquota fissata a 1 euro per kg di materia plastica.
Cosa dice Bruxelles: la proposta della commissione UE
Chi pensa che questa nuova tassa sia totalmente farina del sacco dei governatori italiani deve ricredersi. Già nel maggio 2018 la Commissione Ue aveva inserito tra le proposte per la redazione del bilancio comunitario 2021-2027, l’inserimento di un tributo nazionale per ogni chilo plastica presente negli imballaggi non riciclati del valore di 0,80 centesimi di euro. Le stime sui ricavi annui di un’imposta del genere sono di circa 6,6 miliardi di euro.
Ancora oggi questa proposta è sul tavolo del Consiglio Europeo. Attualmente la presidenze è affidata alla Finlandia, che in un comunicato ha sottolineato il vasto supporto che sta ricevendo questo provvedimento. Secondogli scandinavi infatti, questa sarebbe l’unica nuova imposta ad aver ottenuto l’appoggio generale degli Stati membri.
Istituire una strategia per diminuire l’uso della plastica all’interno di un economia circolare, riducendo lo spreco e soprattutto i prodotti monouso, era già stata una priorità di Bruxelles, espressa con una comunicazione della Commissione Ue nel gennaio del 2018. A fianco alla tutela ambientale, un provvedimento simile sembra possa portare ingenti entrate per il bilancio della Ue, che presto dovrà fare a meno delle risorse del Regno Unito post Brexit.
Plastic Tax all’estero: tasse simili in altri Paesi europei
I dati rilevati dall’Ocse e pubblicati in uno studio a luglio 2019 mostrano come in vari paesi UE siano già entrate in vigore tasse che colpiscono alcuni tipi di plastica o specifici usi di questa, come ad esempio il confezionamento e gli imballaggi.
Danimarca, Lettonia, Belgio, Finlandia, Estonia, Slovenia e Paesi Bassi sono tutti paesi che hanno scelto di utilizzare la leva fiscale per cercare di modificare la sensibilità ed il comportamento dei cittadini in questo campo.
Su ogni borsa di plastica la Francia impone una tassa di 0,06 centesimi di euro, l’Irlanda di 0,22 centesimi di euro, il Portogallo di 0,08 centesimi di euro ai quali però bisogna aggiungere l’Iva, il Regno Unito di 0,05 centesimi di euro. Nel nostro paese una manovra simile è stata emanata con una legge del 2017, che aveva recepito una direttiva Europea del 2015, colpendo i sacchetti in plastica ma in materiale leggero. Come tutti ben ricordiamo il provvedimento fece molto scalpore ma portò all’uso più consapevole e responsabile delle buste.
In Belgio le posate usa e getta di plastica prevedono una tassa di 3,6 euro al kg, mentre le borse monouso in plastica sono tassate a 3 euro al Kg.
In Danimarca addirittura si tassa la plastica riciclata. Gli imballaggi e i prodotti di packaging realizzati con questo materiale vengono tassati rispettivamente di 1 euro se riciclati e di 1,70 euro al Kg se non riciclati. 2,70 euro al chilo è la tassa che gli scandinavi pagano quando utilizzano manufatti realizzati in PVC (cloruro di polivinile) o in EPS (polistirene espanso sinterizzato).
Entrerà in vigore dal mese di aprile del 2022 ma è stata approvata già nel 2018 una Plastic Packaging tax che sarà pagata da tutti i contribuenti del Regno Unito.
In Lettonia l’obiettivo non è solo quello di limitare l’inquinamento ma anche quello di utilizzare in modo economicamente efficiente le risorse naturali. L’imposta varia quindi in base al materiale utilizzato. Ad esempio il polistirene è tassato 1,50 euro al kg mentre la maggior parte degli altri materiali plastici 1,20 euro al Kg. La Polonia applica una tassazione specifica per lo smaltimento presso la discarica di rifiuti plastici raccolti selettivamente.
Per molti questi provvedimenti sono l’inizio di un ravvedimento legislativo in tema ambientali, ma per tanti altri sono solo una manovra speculativa per generare cassa!